8 Gennaio 2016
Il regista Gabriele Muccino è tornato nei cinema con il film Padri e figlie (con Russell Crowe, Amanda Seyfried, Diane Kruger e Jane Fonda), ennesima sua produzione americana dopo La ricerca della felicità, Sette anime (ambedue con Will Smith) e Quello che so sull’amore (con Gerald Butler, Jessica Biel, Uma Thurman e Catherine Zeta-Jones), ritrovando il suo grande amico compositore Paolo Buonvino e riconfermando un sodalizio prestigioso che è iniziato nel 1998 con Ecco fatto, proseguendo con Come te nessuno mai (1999), L’ultimo bacio (2001), Ricordati di me (2003) e finendo con Baciami ancora (2010).
Padri e figlie (Fathers and Daughters, 2015) (leggi recensione della score) li rivede insieme a cinque anni di distanza dall’ultimo film italiano di Muccino con una storia che parla ancora una volta di sentimenti, di rapporti parentali, di dolore ed espiazione, di difficoltà nel rapportarsi alla crescita e alla vita, in un arco narrativo di 25 anni attraverso lo sguardo di un padre (Russell Crowe) ed una figlia (Katie interpretata da piccola da Kylie Rogers e da adulta da Amanda Seyfried).
Abbiamo incontrato il compositore siciliano nel suo studio romano, il quale ci ha raccontato come si è svolto il suo lavoro per il film dell’amico Muccino e come si è evoluto il suo approccio sonoro nel commentare la sesta pellicola di un sodalizio così importante nella sua carriera di musicista per le immagini, in un rapporto regista-compositore molto simile a quello tra un padre e un figlio in cui i ruoli si possono scambiare, facendo sì che il figlio divenga padre e viceversa: una tale affinità elettiva che tramuta i pensieri, le parole e i suoni in fotogrammi e pentagrammi simbioticamente perfetti. Uno di quei sodalizi che lasciano il segno nella Settima e Ottava Arte!
Colonne Sonore: Parlaci di Padri e figlie?
Paolo Buonvino: Gabriele Muccino, ancora una volta, mi ha dato l’opportunità – una cosa che mi ha reso parecchio felice – con questo film di dire delle cose che mi piacciono moltissimo nello svolgimento della storia. La musica non solo accompagna la storia, ma prova a creare una sceneggiatura parallela emotiva. Se io racconto un fatto tuo, posso trascrivere tutto quello che tu mi hai raccontato attraverso le tue parole, ma se desidero esprimere ciò che viene dal tuo animo, non espresso logicamente dalle parole, allora questa parte emotiva può essere aiutata con i suoni; difatti la musica è la sublimazione dei suoni. Dal tono della tua voce si può benissimo comprendere se sei nervoso, arrabbiato, eccitato, colmo d’ansia, etc. La musica aggiunge emozioni, carica di sensazioni quelle parti di sceneggiatura che non possono essere espresse solo a parole, attraverso la scrittura. Quindi se io scrivo una musica basandomi su di una sceneggiatura che mi piace e che mi manda dei segnali ben precisi, allora mi sento più realizzato. Questo film ne è la prova! Questo, come molti altri a cui ho lavorato, per carità, mi ha dato l’opportunità di scrivere qualcosa che mi piace tantissimo e su cui credo moltissimo. Partendo, in questo caso, dal rapporto tra un padre ed una figlia, dalle difficoltà oggettive di un uomo nel ruolo del padre, che si deve rapportare con una figlia. Insomma sono tutte situazioni che noi abbiamo provato essendo stati dapprima figli e poi genitori (anche se io non ho figli). Non è un caso che (è una cosa che riguarda tutti da millenni), non perché voglio essere religioso o bigotto, il comandamento che dice “Onora il padre e la madre così avrai una vita lunga e feconda”, in realtà non è un comandamento ma una sorta di consiglio per la felicità. Se ci fai caso, questa decina di “consigli” che Dio consegna a noi uomini per essere felici in piena libertà di scelta, proprio uno di questi è quello sul rapporto tra genitori e figli, aggiungendo in questo preciso comandamento che se fai questa cosa (segui il consiglio) avrai una vita lunga e feconda. Se non ci riesci avrai per sempre qualcosa che ti manca! Dio proprio in questo comandamento lo dice, a differenza degli altri nei quali è più perentorio (“Non uccidere”, “Non rubare”, etc.): se, con tutte le problematiche del caso, riuscirai ad avere un buon rapporto con i tuoi genitori, seppur essi bravissimi o non propriamente amorevoli, tutto questo ti renderà la vita felice. Cosa c’entra tutto questo con il racconto del film in questione: la vicenda narrata da Muccino parla di una relazione bellissima, non problematica, tra un padre e una figlia, purtroppo interrotta che creerà alla ragazza una serie di difficoltà nella sua crescita, nel rapportarsi alla vita. Una serie di sentimenti complicati che hanno smosso in me diverse sensazioni che mi hanno portato a sentirmi felice nello scrivere le musiche.
CS: Oltre l’immaginario filmico cosa vedi per arrivare alla tua musica?
PB: Naturalmente vedo il film, leggo la sceneggiatura e poi ascolto le sensazioni e le idee che il regista mi sottopone. Logicamente, come tu ben sai, la musica si orienta verso certe emozioni che il film accompagna, descrive, ed il regista ti da l’opportunità di perseguire la giusta direzione da me provata e da lui indicata. Condividere quella direzione emotiva è fantastico, straordinario. Se io ho un po’ di talento, come spero di avere (ride), significa sentire una cosa e metterla in musica; e vuol dire anche mettere in musica ciò che sento e che mi piace sentire, cioè una Grande Festa per un compositore!
CS: Cos’è mutato nel tuo lavoro con Muccino dopo diversi anni dalla vostra ultima collaborazione per Baciami ancora?
PB: Diciamo più che mutato, cosa si è evoluto? Tutti i film che abbiamo fatto insieme, anche il non averne fatti, ed essere rimasti molto amici, profondamente legati, a prescindere cosa significhi amicizia nel nostro ambito lavorativo, e l’aver lavorato a stretto contatto, tutto questo mi ha ancora di più avvicinato a Gabriele, e tornare a lavorare insieme dopo che a molti sembrava che i film italiani li facevo solo io e quelli americani altri (ride), ha solo significato che la nostra sintonia si è intensificata, è divenuta maggiore! Ci capiamo in maniera immediata, le varie esperienze fatte insieme ci consentono di capirci ancora di più; personalmente sento un affetto e un riconoscimento, non nel senso di ringraziamento (quello anche!), ma che riconosco l’anima di Gabriele con più facilità. Credo che Muccino abbia una grande anima, quasi senza difese. Sono orgoglioso di essergli amico proprio perché è una persona pura sotto molti aspetti! Raccontare una cosa insieme vuol dire per me stare accanto ad una persona pura che può anche sbagliare ma che mi rende felice!
CS: “Un’ispirazione pudicamente neoclassica, mozartiana, attraversa questo
score nelle sue componenti più spiccatamente leitmotiv che…” afferma la nostra recensione di Roberto Pugliese. Confermi questa sensazione? Perché tale approccio?
PB: Grazie per la vostra bella recensione che mi ha fatto scoprire cose che nemmeno io immaginavo (ride). Una piccola precisazione quando parlate del compianto James Horner che doveva realizzare le musiche di Padri e figlie (nella recensione: “La tragica, prematura scomparsa di James Horner, iniziale destinatario della partitura per il quarto film americano di Gabriele Muccino, ha favorito il ritrovarsi del regista con il suo musicista di elezione…”): in realtà, da quanto ne so, lui non ha potuto lavorare sul film di Gabriele non perché morto tragicamente, bensì perché aveva un problema con la figlia che stava molto male, quindi ha abbandonato il progetto per questioni personali.
Tornando a quanto detto nella recensione: nel film vi sono musicalmente diverse anime. Diciamo due, tre! Una è quella descritta da Pugliese, quella pudica e mozartiana, riferita all’infanzia della bambina interpretata da Kylie Rogers, e della sua relazione col padre Russell Crowe, seguendo la direzione descritta benissimo dal succitato recensore. Risuona proprio così, quell’avere 5 anni ed essere pudici (se guardate il film ciò risalta maggiormente, piuttosto che spiegato a parole). Contemporaneamente vi sono nel film altre musiche che non hanno nulla di mozartiano, che sono più cupe, riferite ai momenti di crisi epilettiche del padre; poi c’è la passione come nel brano “Never Give Up” nel quale si trova una cifra stilistica che mi appartiene molto, soprattutto se si ripercorre la mia musica per L’ultimo bacio o Baciami ancora, si sente questa vicinanza di stile. In “Never Give Up” c’è anche il mozartianesimo (ride) come lo sturm und drang. Nel film tre anime che sono raffigurate dalla gioia mozartiana (chiamiamola così che per me può essere solo un onore!), quella sturm und drang riferita alla bambina divenuta adulta, interpretata da Amanda Seyfried che dovrà affrontare dei problemi che qui non svelo per chi non ha visto il film, e quella affliggente del padre.
CS: Una score in punta di piedi che si insinua tra i sentimenti…che suona “mucciniana”! Questa è la summa del vostro sodalizio, della tua cifra stilistica per Muccino!
PB: Spero di sì! Addirittura nell’enciclopedia Treccani vi è il termine “mucciniano” usato come aggettivo. All’interno di questo mondo mucciniano di raccontare le cose, i sentimenti, una parte sia anche merito della musica. E che sia rappresentata prevalentemente dalla musica che io ho scritto per lui. Per me il “muccinianesimo” vuol dire anche il “buonvinianesimo” (ride). Noi siamo coetanei ed il nostro primo incontro risale ad Ecco fatto, il suo primo film che per me rappresentava la terza colonna sonora della mia carriera di compositore per film. Poi Come te nessuno mai, L’ultimo bacio, Ricordati di me, Baciami ancora e infine Padri e figlie. Lui fa la regia di questi sentimenti senza paracadute, mai stucchevole pur rischiando di esserlo e mai manieristica ed io con la mia sceneggiatura impalpabile che è la musica. Sono felice che si associno le due cose, che divengano un unicum! Per fortuna nel cinema spesso questo accade e che ciò avvenga anche nel nostro sodalizio per me è un onore. Un sodalizio non solo lavorativo ma soprattutto umano. Tutto ciò a prescindere dei film fatti e non fatti insieme; potrei anche non farne più con lui ma non cambierebbe il nostro rapporto.
CS: A proposito di stucchevolezza e sentimentalismo: con Muccino come si fa a scrivere musica “di sentimenti” senza essere sentimentale e stucchevole?
PB: Io e Gabriele ci siamo sforzati di essere lucidi in questo: nel film, soprattutto in lingua originale (con tutto il rispetto per gli ottimi doppiatori italiani) attraverso il suono, la recitazione in presa diretta e tutto il lavoro che vi è dietro, c’è una verità nel suono che va oltre, la verità dell’attore e della sua reale condizione fisica in quel momento, ha portato me e Muccino a fare una scelta ben precisa, quella di inserire poca musica (difatti ve ne è di più nel CD che nella pellicola). Nella parte centrale del film vi è pochissima musica per evitare proprio la stucchevolezza dei sentimenti in campo. La musica deve comparire quando nel film ve ne è davvero bisogno e mai aggiungere enfasi se essa è già presente, così si evita di scadere nel sentimentalismo più stucchevole. Ci abbiamo tentato e speriamo di esserci riusciti. Anche nella modalità della musica spero di avere un gusto che non è manieristico, che abbia sostanza e concretezza, insomma sulla sostanza di ciò che scrivo ci metto la mano sul fuoco (risate). Non scrivo in maniera tecnica, anche se uso una tecnica ovviamente, ma ho una certa sincerità nell’approcciarmi alla musica.
CS: Grazie Paolo della tua disponibilità e amicizia!
PB: Grazie a te, a voi di Colonne Sonore e vorrei particolarmente ringraziare Gabriele Muccino per la fiducia e la bella sintonia che continuiamo ad avere, per la nostra amicizia, Russell Crowe, Amanda Seyfried, la bimba Kylie Rogers, l’Orchestra Roma Sinfonietta, il mio fonico Fabio Venturi, tutti i miei collaboratori, la Forum dove abbiamo inciso le musiche, perché la musica è frutto di tutte queste cose! Ognuno mette del suo e se questo non funziona bene, il lavoro ne viene fuori male!
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